ESSERE RAGAZZI non può essere un problema!
Il sogno di un mondo migliore che preveda qualità e opportunità, indipendentemente dalla propria origine o da eventuali problematiche personali, l’obiettivo di riaffermare e tutelare la dignità delle persone escluse, soprattutto bambini e ragazzi, sembra lontano e sempre più difficile da realizzare
di ADAMO CALO’
parliamo di adozione o sostegno?
Adozione a distanza e sostegno a distanza vengono usati come sinonimi nel linguaggio comune, facendo riferimento per entrambi ad una forma di aiuto a distanza, con la quale alcune Associazioni, ONLUS e ONG provvedono alla sussistenza di un bambino o di un gruppo, normalmente in terre di missione, assicurando di fatto la frequenza scolastica, l’assistenza sanitaria e a una serena e dignitosa vita dei soggetti assistiti.
Non è quindi un atto giuridico di adozione vera e propria che preveda un bambino adottato legalmente che possa vivere all’interno di una nuova famiglia. Comunque con il sostegno o adozione a distanza è possibile instaurare un legame diretto con il bambino adottato grazie alla possibilità dello scambio di corrispondenza e di conoscerlo personalmente a seconda delle possibilità. La corrispondenza normalmente non avviene in modo diretto on il bambino per una questione di privacy, ma tutto passa attraverso il missionario referente sul posto.
Il termine adozione, in questo contesto, è usato impropriamente in quanto l’adozione vera e propria, secondo la normativa italiana e di molti Paesi, consiste nel dare una famiglia a un minore orfano, abbandonato o maltrattato. Ha valenza giuridica, sociale e affettiva. L’adozione a distanza, invece, non ha alcuna valenza giuridica, ma ha lo scopo di aiutare economicamente una o più persone.
Un atto di solidarietà che si concretizza in un contributo economico periodico con il quale si provvede ad assicurare una normalità di vita e un futuro dignitoso a un ragazzo o a un gruppo di persone. Nel caso di adozione a distanza, potrebbe non esserci mai alcun tipo di contatto o conoscenza diretta tra colui che sottoscrive il contributo e il beneficiato. Per questo molte associazioni e gli stessi organi istituzionali italiani non utilizzano più la locuzione adozione a distanza preferendo sostegno a distanza per evitare confusione.

non solo denaro ma anche affetto
Si definisce sostegno a distanza una forma di liberalità, consistente nell’erogazione periodica, entro un definito limite di tempo, da parte di una o più persone fisiche o di altri soggetti, di una somma di denaro ad una organizzazione, affinché la impieghi per la realizzazione di progetti di solidarietà internazionale che abbiano come destinatari normalmente minori o giovani in condizioni di rischio povertà ed emarginazione.
Il sostegno a distanza ti consente di aiutare un bambino a diventare grande, investendo nella sua istruzione e nella sua salute tramite un tuo aiuto economico periodico. Con pochi euro al mese contribuisci concretamente alla crescita e allo sviluppo del bambino che potrà così frequentare la scuola, completare gli studi ed essere inserito in società. Coloro che scelgono questa forma di solidarietà potranno vedere nel corso degli anni, che attraverso questo splendido legame economico-affettivo sono riusciti a migliorare in modo concreto la vita dei bambini coinvolti nel progetto. A beneficiare dell’intervento e aiuto economico non saranno quindi soltanto i bambini, ma anche le loro famiglie e le comunità di appartenenza.
Quando si attiva un sostegno a distanza è importante per il sostenitore poter avere un contatto con il bambino o il giovane attraverso uno scambio di lettere, di messaggi e la possibilità di poter incontrare e visitare il bambino, e avere una periodica e adeguata informazione circa l’attuazione del progetto e la destinazione dei relativi fondi.
Non è previsto un periodo minimo o massimo per il sostegno a distanza. Ma per dare concretezza a questo tipo di intervento sarà opportuno garantire un impegno continuativo, fino al momento in cui il ragazzo potrà gestirsi autonomamente. Il donatore potrà mantenere l’anonimato a sua scelta. Il legame che unisce sostenitore e beneficiario non è mai vincolante dal punto di vista giuridico.

ma quel bambino non è un giocattolo
Devo confessare che quando vedo una bambina o un ragazzo chiedere l’elemosina per strada, provo soltanto rabbia e vergogna. Quando leggo riviste e periodici che parlano e pubblicano foto di bambini con le mosche in faccia, che non hanno da mangiare e sono abbandonati e si chiedono soldi per venire incontro alle loro esigenze facendo leva sulla pietà e senso di compassione che ci portiamo ancora dentro, provo soltanto rabbia e vergogna.
Credo nella solidarietà sociale e nel sentimento cristiano di accoglienza e soccorso dei bambini e dei poveri, sull’esempio di amore e compassione di Cristo. Credo anche però che ci siano diritti primari che non debbano essere assicurati dalla nostra beneficenza, sulla base della compassione, ma da un processo di educazione e promozione umana sulla base della giustizia e della eguaglianza sociale. Siamo soliti parlare di diritti dell’infanzia, di garanzie per tutti, di parità e opportunità, di istruzione, integrazione e aggregazione, ma sempre più spesso siamo anche testimoni di una quotidiana ingiustizia, che tollera di fatto, all’interno della cultura sociale e della pastorale ecclesiale, stati di emarginazione, disagio sociale e delusione cristiana.
Il sogno di un mondo migliore che preveda qualità e opportunità, indipendentemente dalla propria origine o da eventuali problematiche personali, l’obiettivo di riaffermare e tutelare la dignità delle persone escluse, con la loro piena partecipazione alla vita sociale, sembra lontano e sempre più difficile da realizzare. Talvolta il nostro modo di trattare e gestire alcuni settori della vita civile, culturale e religiosa, tendono quasi a cristallizzare l’esclusione di molti, soprassedendo su diritti acquisiti e su riconosciuti codici di comportamento della vita sociale.

solidarietà e beneficenza non sono la stessa cosa
Esse esprimono differenziati comportamenti, un modo diverso di intendere e accettare la vita e l’esperienza del proprio simile, un stile diverso di relazionarsi con gli altri, con atteggiamento critico o accogliente verso il prossimo. Esse evidenziano una differente visione cristiana di gestire il sociale e di testimoniare la propria fede, in una società pluralistica, sulla base di motivazioni, espresse o inespresse, di filantropia, di carità, di solidarietà, di giustizia sociale.
Oggi è in corso una presa di coscienza delle responsabilità sociali da parte di tutti, soprattutto delle pubbliche istituzioni, e quello che prima poteva essere un dare una mano da parte di alcuni benefattori, per risollevare i bisognosi dalla miseria o indigenza, viene oggi invece riconosciuta nella maggior parte degli stati, come responsabilità istituzionale e statale che ha il dovere di garantire a tutti i cittadini ciò che è considerato un loro diritto acquisito.
Anche e soprattutto la crescita e l’educazione dei ragazzi, intesa come processo di promozione e accessibilità all’istruzione e al lavoro, non può essere più considerata un atto di beneficenza di alcuni verso i ragazzi in difficoltà in paesi da noi definiti come terzo mondo.
E’ un diritto da assicurare ai ragazzi. A tutti i ragazzi. In qualsiasi parte del mondo essi vivono. Essa non può dipendere sempre e soltanto dalla beneficenza e dalla compassione di alcuni. E’ un diritto dei ragazzi crescere in modo sano ed equilibrato, usufruendo delle opportunità che la società concede e deve concedere. Anche per quei ragazzi che, per motivi non dipendenti da loro, si venissero a trovare in situazioni di disagio umano e sociale.
Non è più tempo, e forse non dovrebbe essere più consentito, vedere, parlare e descrivere bambini e ragazzi meno fortunati, ai quali un gesto di beneficenza da parte di benefattori, siano essi sconosciuti o personaggi di spettacolo o dello sport, fa tornare il sorriso.

quello che manca ai ragazzi è il proprio futuro
E’ un linguaggio che offende la dignità dei ragazzi, di tutti i ragazzi nel mondo, siano essi europei, siano indiani, siano africani, non perché venga percepito da loro in tal senso, ma perché sottende una cultura della beneficenza e dell’obolo, a scapito invece di una proposta culturale che promuova la dignità e i loro diritti.
Il punto nodale della passione educativa e dell’attenzione ai bambini e ai ragazzi, non sta più nell’assicurare loro provvisoriamente alcune cose di cui mancano, ma nel garantire ad essi un processo educativo che li porti fino a una piena coscienza e appartenenza alla comunità civica e cristiana.
Il linguaggio, il nostro linguaggio, non è semplice intendimento o relazione verbale. Esso rispecchia il nostro modo di vedere, di percepire, di leggere una realtà e di rapportarci ad essa. Il linguaggio riferito al settore del sostegno e adozioni a distanza, anche all’interno di molte istituzioni religiose, rispecchia spesso una cultura assistenziale e molto meno solidale.
Pur riconoscendo l’alto valore etico e sociale del sostegno a distanza, quale forma di cooperazione e di solidarietà umana finalizzata allo sviluppo della persona e specialmente di bambini e di giovani in condizioni di rischio povertà ed emarginazione,
Dobbiamo convincerci nei nostri ambienti che dovrà essere tutelato il rispetto dei singoli ragazzi e delle loro problematiche situazioni e promossa e sostenuta tra noi una cultura della solidarietà, che garantisca i diritti di ogni individuo all’istruzione e a una adeguata esistenza, pur senza escludere provvisori interventi di beneficenza e carità che possano in qualche modo facilitare la vita di tanti ragazzi in difficoltà, nel rispetto della loro privacy, attenti alla tutela della dignità e dell’immagine del minore, contro ogni possibile strumentalizzazione, riconoscendo loro che il nostro è un intervento provvisorio, in attesa che nelle sedi competenti vengano riconosciuti e assicurati loro i diritti fondamentali.